MacBook Pro 13 2019
È il portatile Apple per tutti
Scrivo dal divano di casa, quello più grosso. Ho il Mac
sulle gambe intrecciate e un senso di colpa che inizia a salire. Poco fa ho deciso di fregarmene del
nutrizionista (che a lui, poi, sai cosa importa; sono io quello che sta spendendo un botto sia per
andarci sia per tutta l’alimentazione controllata di questi mesi - e sono sempre io quello che si è
messo in testa di stare sotto le tre ore alla Maratona di Francoforte dopo sei mesi
di stop) e ho mangiato sei biscotti dozzinali afflosciati in un tè caldo “miscela di foglie nere
dark-chocolate”. Sospetto che sia colpa del poco dormire: alle 5, ero in piedi; alle 6, ero in pista
a fare ripetute da 1000 metri; alle 8:30, bloccato nel traffico, maledicevo questo e quello e poi
solo grazie a dio ho trovato parcheggio qua sotto.
Fatto sta, comunque sia, adesso mi godo questi pochi secondi di picco glicemico e cerco di farmi forza schiacciando l’ultima revisione degli switch a farfalla di Apple. Il brutto è che non sento il loro clack clack perché ho delle cuffie insonorizzanti da operaio (-39dB dichiarati) pagate 11 euro su Amazon. Ed è un peccato.
SCHEDA TECNICA
Schermo13.3 pollici 2560 x 1600 px / True Tone ProcessoreIntel Core i5-8257U Quad Core @ 1.4 - 3.9 GHz Scheda graficaIntel Iris Plus 645 / 128 MB eDRAM / 48 EUs Memorie8 GB LPDDR3 (Samsung) / SSD NVMe 128 GB (Toshiba) ReteWi-Fi ac + Bluetooth 5.0 Porte2x Thunderbolt 3 / Jack audio 3.5 mm Batteria58.2 Wh / PSU USB-C 61 watt Telaio304 x 212 x 14.9 mm / 1370 grammi AltroWebcam 720p / TouchBar + Touch ID (chip T2) / 3 microfoniErgonomia
In estate ho vissuto il trauma della briciola sotto il
tasto, una cosa che mi accomuna a tanti ragazzi là fuori. Nel mio caso, sotto la M, finì del
meraviglioso pane casareccio comprato a Sicilì, nel Cilento, e fu per colpa sua che per giorni la M
andava e non andava. Poi si deve essere frantumata da sola ed ecco che la tastiera è tornata ad
essere la mia preferita su computer portatili: sì, migliore della AccuType del ThinkPad X1 che ora
sento gommosa e indecisa; e, sì, migliore della tastiera di Surface Book; e, no, non migliore della
tastiera del Chromebook CR-48, il prototipo
regalato da Google agli sviluppatori nel dicembre 2010 (si trova ancora nei mercatini a circa 100
euro; non ve lo consiglio perché ha un Atom N455 Single Core e un difetto alle cerniere, ma se vi
capita provate a metterci le mani sopra - per quanto credo che sia la mia memoria a rendere
quell'esperienza di scrittura così memorabile, ma preferisco non verificare e cullare questi
ricordi).
Quindi in questo stato ovattato e euforico dovuto ai carboidrati complessi dei biscotti, vi scrivo che, senza alcun dubbio, considero la tastiera e il touchpad di questo MacBook Pro una delle migliori esperienze sul mercato. Chi lavora nel settore deve pensarci solo per questo. Ma ecco che inizio ad avere caldo per via del tè bollente; credo sia finita l’euforia da zuccheri quindi è meglio mettersi al lavoro - e fare un passo indietro.
Il portatile da cui scrivo è l’ultimo MacBook Pro 13 di Apple. È l’edizione 2019, quella che in USA chiamano “economica” perché parte da 1299 dollari (+ tasse; anche in Italia costa meno della vecchia, ma ne parleremo tra un attimo) e perché sostituisce la vecchia edizione senza TouchBar che ho consigliato fino a poche ore fa. Adesso no, non lo faccio più. Meglio prendere questa. Ecco dieci motivi per farlo.
- Ha la TouchBar, alla quale dovete trovare voi un impegno all’interno del vostro modo di fare (io ci tengo i widget per l’andamento delle criptovalute); non cambia la vita perché i suoi tasti sono muti, sono morti.
- Ha il Touch ID, questo sì, utile e saggio.
- Ha il chip Apple T2 per una sfumatura di "sicurezza hardware".
- Ha una batteria da 58 Wh anziché da 54 Wh.
- Ha il Bluetooth 5.0.
- Ha tre microfoni anziché due.
- Ha un processore Quad Core con GPU a 48 unità di elaborazione e 128 MB di eDRAM, anziché un Dual Core con GPU a 24 unità di elaborazione e 64 MB di eDRAM.
- Ha memorie RAM a 2133 MHz anziché a 1866 MHz.
- Ha un modulo SSD NVMe più veloce.
- Ha un display con copertura DCI-P3 e TrueTone come i MacBook Pro 13 di fascia superiore (quelli con 4 porte Thunderbolt e CPU da 25 watt).
Ed ha anche un prezzo di partenza più basso perché quello, al lancio, costava 1749 euro e questo, al
lancio, 1549 euro. C’è il trucco - la SSD da
128 GB del nuovo - ma fa strano vedere una riduzione dei prezzi ufficiali Apple perché equivale ad
un avvicinamento verso l'utente. Quindi una volta tanto Apple non crea solo un desiderio ma fa anche
qualcosa per soddisfarlo.
Prestazioni
Di contro, questo nuovo ha la SSD saldata
e non più su slot (problema vero perché si deve scegliere al momento dell’ordine e pagare i GB ai
folli prezzi di Apple), ed ha una luminosità dello schermo parecchio più bassa: circa 420 nit di
picco bastano e avanzano, ma i pannelli da 550 nit della generazione 2016 non si sono più visti.
Ma gira e rigira vale l’aggiornamento per le prestazioni che ha e per tutti i bei numeri che vi piazzo qua e là in questa recensione - un qua e là che si trasforma in sotto e sopra se state leggendo da smartphone. Il mio unico dubbio era sull’impianto termico affidato ad una singola ventola. Anche il vecchio era così, ma non aveva un Quad Core con 3.9 GHz di frequenza massima e non aveva una GPU che può arrivare a 1050 MHz. Apple ha aggirato gli imprevisti con una diversa gestione dei watt. Se la vecchia piattaforma da 15 watt veniva spinta fino ai 35 watt per recuperare prestazioni (per chi è nuovo: i Mac sono famosi per questo, per la loro implementazione) tollerando temperature anche vicine ai 100° C (insisto: tutto in linea per gli Apple), la nuova tocca quei livelli ma cerca di restare sui 25 watt, anche 20 watt. Oscilla, fa su e giù, con una temperatura sulla CPU di 85° C circa e ventola a palla. Si nota bene nella parte centrale del grafico elaborato dopo una conversione Handbrake.
MBP 13 2019 | MBP 13 2017 | MBA 2018 | |
---|---|---|---|
GeekBench 3 64-bit Single / Multi | 4583 / 17065 | 3505 / 7076 | 4243 / 7723 |
Cinebench R15 OpenGL / CPU | 57.44 / 698 | 35.75 / 315 | 34.29 / 251 |
GFXBench Metal Offscreen | Man: 6240 T-Rex: 10909 ALU2: 11887 | Man: 4846 T-Rex: 9367 ALU2: 10792 | Man: 2976 T-Rex: 2218 ALU2: 5202 |
QuickBench SSD MB/s Extended Test | 2553 / 2283 | 2914 / 1477 | 2637 / 1050 |
Temperatura massima Tastiera / CPU | 42 °C / 100 °C | 43 °C / 87 °C | 37 °C / 100 °C |
Luminosità massima | 418 nit | 550 nit | 325 nit |
Prestazioni a confronto tra MacBook Pro 13 2019, MacBook Pro 13 2017 (Tasti Funzione), e MacBook Air 2018 (stessa CPU dell'edizione 2019).
Le frequenze scalano con l’aumentare della temperatura come è normale che sia ma sono gestite in modo da evitare lo stallo (e ci mancherebbe) ed evitare che il calore di un modulo possa influenzare altri componenti (come succedeva nel MacBook Pro 15 con Core i9). Si nota anche nell’altro graficone di questo articolo: l’analisi del rendering con Adobe Premiere Pro CC dove la GPU resta al massimo senza noie.
Il compromesso prestazionale non c’è; questa versione del MacBook Pro 2019 non ha i muscoli della variante a 6 core, ma è un altro mondo rispetto alla CPU serie-Y dei MacBook Air ed è molto, molto più veloce del modello senza TouchBar che sostituisce. Lo faccio vedere nel video: mentre fa rendering, e mentre registra lo schermo, riesco ad usare Safari e qualche sito. È un contesto irreale ma fa capire.
Il compromesso pratico è una ventolina frusciante. Si sente durante questi carichi
di lavoro e si sente quando vi capita una scheda impazzita su Safari (del tipo: coin360, o siti con
javascript interattivi). Nell’uso giornaliero multi-desktop è silenzioso come i MacBook più recenti,
ma quando parte lo fa per davvero. Intendiamoci: non è il rumore di un portatile da gaming MSI, Acer
o ASUS, ma rispetto al MacBook Pro con doppia ventola qui c’è un fruscio più sottile, più sibilante,
più fastidioso, meno morbido, meno avvolgente. E anche le temperature su fondo mi danno le stesse
sensazioni. L'ho sentito bollente in estate, con la schiena sul letto e con lui sulle cosce;
probabilmente è il solito problema di luglio e di agosto, perché adesso la camera termica non supera
i 40° C sul fondo durante lo stress test di 20 minuti. Tra un paio di scrollate
vedrete delle foto termiche.
Intanto, per riassumere e farla breve: non va in throttling e non ha problemi termici, mantiene la
CPU sul livello richiesto senza impazzire con le temperature ma la ventola (singola) si fa sentire.
Autonomia
E l’autonomia? Niente di strano. La batteria è cresciuta
rispetto
al vecchio perché ci sono dei componenti in più, quindi la durata è quella. Ci faccio poco
meno di
10 ore con schermo sopra la metà e Safari + Telegram + Finder, calcolatrice, Note,
robette
così. Con Safari intendo una media di 10 tab aperti. Sotto carico massimo, con luminosità sparata, è
tutt’altra storia: -42% ogni ora, quindi 2.3 ore di autonomia. Ci finite almeno un
rendering complesso ma poi dovete trovare una presa.
L’autonomia può sorprendere chi non ha seguito l’uscita dei processori Intel negli ultimi due anni (ed è comprensibile perché è un caos: ogni due mesi c’è un annuncio che promette molto e realizza poco; e le differenze sono negli intrecci tecnici), ma non è irreale se guardiamo i risultati della concorrenza con Windows e se mettiamo in conto il lavoro di decodifica video e di gestione “delle altre cose” fatto dal chip Apple T2 anziché dal SoC Intel. Chiaro, va abbinato ad un certo lavoro di integrazione hardware e software, ma questo non è mai stato in discussione con Apple. I suoi portatili non soffrono del draining alla batteria quando sono in standby, e non hanno uno dei fastidi più popolari degli ultimi anni: il coil-whine. L’alimentatore da 61 watt riesce sempre a caricare il portatile, anche quando è sotto stress massimo. Non è scontato e vi ho fatto un grafico per dimostrarlo. L'avete visto? Tornate su.
IL "READ ONLY SYSTEM VOLUME"
Tra le novità del nuovo sistema operativo macOS
10.15 Catalina (uscita prevista ad ottobre 2019, installato in versione Beta al momento
della scrittura di questo articolo - ma, tranquilli, i test e le misurazioni sono state fatte sulla
10.14 Mojave) c'è la modalità di "sola lettura" della partizione di sistema. Potete trovare molte
informazioni tecniche online (ecco la conferenza da WWDC 2019) ma, in
breve, macOS Catalina vi mostra due volumi: uno normale, in sola lettura, e l'altro con suffisso
"Data". Uno viene usato per i file di sistema e l'altro per i dati utente. Chi utilizza il computer
non si accorge di nulla. Il sistema sposta alcune cartelle utente, le collega grazie ad una
tipologia di link simile al mount di UNIX ma propria del filesystem APFS (firmlinks), e
agisce in modo trasparente proteggendo l'integrità dell'installazione. I file dell'OS, in altre
parole, restano separati dal resto e restano, soprattutto, all'interno di un volume logico montato
in sola lettura.
È un approccio cloud/enteprise che si inizia a vedere anche nel settore consumer, e anche una visione condivisa da distribuzioni Linux come Fedora SilverBlue. Ci sono parecchie implementazioni più o meno simili (alcune ideate anni fa, altre amatoriali); a chi vuol approfondire consiglio questa discussione su Hacker News. Bene, comunque sia, vedere novità del genere da Apple, su computer usati da chiunque, assieme ad altre misure di sicurezza e del controllo dei propri dati inserite su Catalina.
UN ACCESSORIO CONSIGLIATO
Il Minix Neo Storage (il link porta alla mia recensione) è un HUB USB con memoria SSD interna. Ha 2 porte USB Type-A, l'uscita video HDMI, una USB-C per la ricarica e, appunto, un modulo SSD M.2 SATA3 da 128 o 256 GB. Non è tutto: basta un po' di manualità per smontarlo e migliorarlo con qualcosa di più capiente. Funziona su tutti i computer, ma è perfetto per i backup di Time Machine o per chi decide di comprare un MacBook Pro 13 da 128 GB.
DA MIGLIORARE
La TouchBar deve avere un feedback tattile. Senza una risposta, torna scomodo usarla per l'interazione con i contenuti: devo guardarla per capire se il comando è stato preso o se ho toccato, per errore, un'altra zona. In fin dei conti è come utilizzare un touchscreen alla cieca. Ha senso per la visualizzazione di contenuti ma è un peccato continuare ad inserirla nei MacBook Pro senza un'evoluzione e senza una reale dichiarazione d'utilizzo.
Conclusioni
I computer Apple si comprano perché si sceglie una via, un
modo di fare. Iniziare da un iPhone, e poi aggiungere un Apple Watch e un MacBook vuol dire
allargare gli strumenti a disposizione, non comprare gadget.
La concorrenza ha portatili più potenti e più convenienti; ha più scelta; ha più possibilità di essere acquistata a prezzi dimezzati rispetto al lancio su e-commerce o mercatini. Io credo ancora nel ThinkPad X1 da 300 euro ricondizionato su eBay, ma si entra in un giro diverso. Al pari del passaggio quasi spirituale di un portatile gestito da software open-source, preferire macOS va al di là le prestazioni pure. Di questi tempi, l’utente Apple sa benissimo che l’hardware potente fa la differenza solo nei giochi, ed io sono quasi d’accordo con lui. Resta fuori il montaggio video, resta fuori il calcolo computazionale o lo sviluppo su più macchine virtuali simultanee, ma chi vuole un laptop per queste cose non deve vedere il MacBook Pro da 13 pollici base, deve vedere il Pro 15, almeno. E in quel caso davvero valutare un portatile da gaming con Windows, GPU RTX e sportellino per l’aggiornamento della RAM. Ma noi oggi non stiamo parlando di questo.
Un Mac così è consigliato a tutti gli utenti che possono spendere più di 1000 euro per un portatile
di fascia alta. Lo ripeto: fascia alta per il telaio, per il touchpad, per la tastiera, per lo
schermo, per l’autonomia, per il marchio che porta che gli permette di mantenere l’investimento
negli anni perché i MacBook si rivendono bene e a prezzi molto alti e, sembra
strano dirlo ma è così, alla lunga possono far spendere meno. Tra due anni, un MacBook Pro 13 2019
base si rivende a 900 euro senza sforzi mentre un Dell XPS 13 o un Huawei MateBook X Pro, per dire,
sarebbe da piazzare a 500 euro. Adesso l’utente medio sceglie Apple anche per questo, ma è un
calcolo che sento fare da anni ai professionisti della fotografia, o agli studenti universitari che
sono riusciti a comprare in un paese con IVA più bassa e con lo sconto studente.
L’utente medio o chi non ha tempo da dedicare a queste cose sceglie Mac perché ci sono troppi portatili Windows in circolazione; difficile informarsi, capire, ordinare online, e magari dover passare un giorno intero ad installare una .iso pulita o, peggio, a rimuovere il crapware pre-installato. L’utente medio si compra un MacBook perché usa il software di macOS che già trova dentro, e perché lo considera, a ragione, di qualità. L’utente medio usa macOS perché si fida di più (a ragione) e perché sposta tutte le sue cose, backuppa e ripristina, in un attimo. L’utente medio compra un MacBook Pro perché i migliori modelli della concorrenza non costano tanto meno. Lo sviluppatore sceglie macOS e un MacBook perché gli utenti Apple pagano le app. Perché di sicuro usa iPhone e iPad e deve provare di persona quel che vuole vendere. Perché è più semplice avere una macchina virtuale Windows su macOS, del contrario. Perché l’esperienza che si fa su un UNIX poi torna comoda su tutto quel che è web, dai server cloud ai server Linux, dall’IoT alla prototipizzazione con Arduino.
A me piace macOS; il rendering dei caratteri, la sfumatura dell’ombra delle finestre centrate, la leggerezza del poter iniziare il lavoro da una parte per continuarlo da un’altra (iPhone o iPad), il nuovo Safari, la partizione read-only di Catalina, e, più generalmente, l’assemblaggio dell’hardware che muove il tutto. Anche se il mio modo attuale di usare il computer portatile è, adesso, un ordine frenetico, e anche se preferisco spaccare il capello con un Linux puro, con una Arch + i3-wm (tutte cose che mi fanno stare stretto su macOS, adesso) sono sempre disponibile a mettere la faccia davanti ad un Mac perché è sempre un bel posto sul quale passare del tempo. E questo ultimo MacBook Pro 13 2019 assiste bene il tutto.